L’avvento di smartphone e social media ha semplificato alcuni aspetti della nostra quotidianità: ampia disponibilità di informazioni, possibilità di acquistare beni difficilmente reperibili fino ad alcuni anni fa, connessioni rapide con amici e parenti anche molto lontani.
Queste nuove opportunità portano con sè anche alcune insidie di cui spesso non siamo consapevoli come F.U.D. Factor e F.O.M.O. Syndrome che hanno una notevole influenza sui nostri comportamenti in ambito sociale e relazionale.
Di cosa si tratta?
FATTORE F.U.D.
Siamo connessi tutto il giorno tutti i giorni e molti degli stimoli che riceviamo non arrivano alla nostra coscienza ma colpiscono direttamente il nostro inconscio, intesto come quella parte di noi di cui non abbiamo consapevolezza. Trigger visivi, uditivi, sensoriali innescano risposte quasi automatiche basate su emozioni e stati d’animo a cui non sappiamo dare, in alcuni casi, un’origine precisa. La legge di Miller dice che siamo in grato di prestare attenzione a 5 + 2 stimoli contemporaneamente e, come detto, tutto il resto ci colpisce senza che ce ne rendiamo conto.
Leggendo le notizie del giorno, scorrendo la home del nostro social preferito è possibile percepire sensazioni sgradevoli, quasi di disagio e magari portiamo dietro per tutto il giorno paura e preoccupazioni, dubbi ed incertezze e non siamo più così sicuri nel nostro mondo.
L'acronimo F.U.D. significa: Fear (paura), Uncertainty (incertezza), Doubts (dubbi) ed è una strategia utilizzata nel marketing e nella comunicazione per orientare le nostre scelte. Le notizie, le pubblicità, i post, i reel e quant’altro possono essere studiati e costruiti in modo tale da suscitare in noi incertezza verso il futuro, paura per il presente e dubbi sulle nostre capacità così da essere spinti ad agire in modo emotivo.
Quando in noi nascono questo tipo di emozioni, sensazioni e sentimenti, siamo più controllabili e rigidi, le nostre scelte possono diventare irrazionali, istintive e volte a proteggerci e salvarci da pericoli non così tanto reali. Quante notizie relative a guerre, povertà, crisi, criminalità sentiamo ogni giorno? Questa esposizione constante ci rende dubbiosi, spaventati, insicuri e ci spinge a cercare protezione, rassicurazioni e risposte proprio da chi ci ha messo in questa condizione.
C’è una via d’uscita.
Conoscere questo F.U.D. factor ci permette già di avere la possibilità di valutare il nostro sentito in risposta all’utilizzo dei social e con alcune domande possiamo disinnescare il processo.
Ecco quali possono essere:
Cosa è nel mio controllo attivo?
Quali sono le mie vere paure?
In quali settori della vita vivo incertezze reali?
Da dove arrivano i miei dubbi?
Le risposte spostano il mio focus attentivo su quei settori della mia vita dove effettivamente ho potere di azione distogliendomi dalla paura, ad esempio, di un’imminente terza guerra mondiale. Individuale le mie vere paure ed i miei dubbi mi permette di affrontare le prime e di acquisire le competenze necessarie per diventare più capace, risoluto ed efficace in quegli ambiti dove oggi vivo incertezza. Questo significa, magari, la possibilità di accedere ad una carriera migliore che mi permette una migliore stabilità economica, aspetto che oggi potrebbe generare delle preoccupazioni.
Selezionare le fonti di informazione e la loro quantità e qualità, oltre all’attendibilità mi aiuta a non essere vittima di paure, incertezze e dubbi costruiti ad hoc per manipolarmi.
F.O.M.O. Syndrome
Certo è che lo smartphone non solo mi racconta fatti di cronaca o mi vende prodotti e servizi, è anche un utile mezzo di connessione con amici e parenti. Scorro la bacheca e trovo le vacanze del collega, la domenica fuori porta dell’amico, l’esperienza mozzafiato del mio vicino di casa ed una voce mi dice che tutti vivono una vita migliore della mia. Così controllo ancora una volta le storie, ne pubblico a mia volta e ricontrollo le notifiche.
Com’è andato quel mio post? Ho commenti positivi? E’ più interessante la mia gita in montagna o il weekend al mare di un altro ha avuto ancora la meglio con numerosi like ed interazioni?
Ecco che sto sperimentando la paura di essere tagliato fuori, fear of missing out, la sindrome f.o.m.o. per l’appunto. Questa è caratterizzata da stati di ansia, dal desiderio costante di connessione, da stress e dal timore di essere escluso dalla vita sociale. Il confronto costante con le esperienze degli altri richiama quelle stesse sensazioni del fattore f.u.d. e percepisco la vita di chi mi sta intorno come migliore, così come sono più ricche ed entusiasmanti le loro esperienze. La pressione sociale si fa sentire e mi sento obbligato ad avere sempre storie da condividere e la mia efficacia è determinata dal numero di cuori che ricevo.
Spesso i giovani e gli adolescenti sono colpiti da questa sindrome, ma non manca niente nemmeno a noi adulti. La competizione per il luogo di villeggiatura migliore è serrata e storie e post e reel e like si susseguono nel controllo compulsivo dello smartphone ancora ed ancora. L’insonnia e l’irrequietezza ci rendono zombie alla ricerca di dopamina da notifiche.
E’ il momento di fermarsi e mettere in atto strategie utili a riequilibrare le nostre connessioni nella vita reale.
Come combattere la F.O.M.O. Syndrome?
Il primo passo è la mindfulness cioè la presenza nel qui ed ora. Posare lo smartphone e godersi il momento presente così com’è, accettandolo senza volerlo modificare regala calma, quiete e sensazioni di pienezza.
L’unico vero confronto da fare è con noi stessi e non con il vicino, l’amico, il collega in una gara a chi riempie più velocemente il vuoto esistenziale con oggetti e like inutili.
Le vere connessioni, la vera gratitudine si provano nel mondo reale.
La dopamina di cui abbiamo bisogno nasce dal raggiungimento di obiettivi in linea con il nostro significato autentico e la serotonina che cerchiamo è quella che si cela negli abbracci con i nostri cari.
Ultimo, non per importanza, aspetto su cui lavorare è la capacità di vivere la solitudine. Lo smartphone ed i social sono i mezzi con cui cerchiamo di eliminare il senso di solitudine o le emozioni “sgradevoli” come la tristezza e compensano delle possibili carenze nelle skills relative alla socialità.
Prendiamoci allora il giusto tempo per conoscere noi stessi nella solitudine, per esplorare limiti e risorse, per imparare a vivere ogni momento con pienezza e gratitudine per poi poterci muovere nel mondo mossi dalla volontà di connessioni reali, genuine, intime e non solo dalla paura di restare esclusi.
A cura di
Valeria Casella
Life Coach & Content Writer
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